La Barricata incorona Lele: Cavalla battuta, Benosso eroico, il Presidente riscrive la Storia
È successo davvero. In una domenica da leggenda, il 29 giugno 2025, sulla durissima salita della Barricata, il ciclismo ha ricordato a tutti perché lo sport non è matematica. A soli sette giorni dallo storico record della Cavalla sulla salita del Madean, quando l’accoppiata con il Presidente aveva riscritto i libri dei record (era il 22 giugno), il mondo sembrava pronto a vivere un’altra sinfonia già composta: Cavalla ancora protagonista, Benosso vincitore designato, Lele relegato a comprimario spettatore. Ma la Barricata, 14 chilometri di salita brutale da Selva di Grigno verso l’altopiano della Marcesina, non ama i copioni. Li divora.
L’accordo ufficiale parlava chiaro: il Presidente avrebbe nuovamente fatto da gregario alla Cavalla e il Braga – uomo di fiducia in salita, conoscitore del terreno, leggenda vivente di quelle pendenze – avrebbe scortato Benosso fino alla vittoria assoluta. Un piano lucido, perfetto, chirurgico. E Lele? In teoria, doveva solo godersi la salita, appendersi al manubrio e osservare.
Ma la settimana ha stravolto tutto. Come nei migliori gialli, il colpo di scena arriva a metà settimana: la Cavalla rompe il patto. Lascia il Presidente e stringe un’alleanza silenziosa con Deduz, uomo metronomo, diesel dai tanti cavalli dei Pirenei padani. Un gesto che ha colpito più della salita stessa. Offeso nell’anima, nel cuore e nell’orgoglio, il Presidente non risponde a parole. Si muove in silenzio, prende Lele sotto la sua ala e gli consegna una promessa da cavalleria medioevale: “Non vince la Cavalla. Non vince Benosso. Vinci tu.”
La mattina del 29 giugno, aria fresca, cielo terso e tensione tagliabile con il coltello. Si parte da Selva di Grigno con un’andatura regolare, ma i giochi si fanno subito seri. Deduz impone il ritmo, la Cavalla resta tranquilla in scia, padrona di sé. Il Presidente e Lele restano dietro, apparentemente spenti, studiando tutto. Intorno a loro, come sempre, la figura muta e sorprendente di Renzo Evenepol. Ma chi infiamma per primo la salita è lui, il Braga. La Barricata è la sua casa. Parte subito, prova ad andarsene. Ma poi, le gambe mandano un segnale chiaro, spietato, in dialetto stretto: “Meio che te te chieti, seto…” E si spegne. Crolla. È il primo a cadere, metaforicamente e tatticamente. Arriverà in cima con oltre dieci minuti di ritardo. Il piano Benosso-Braga affonda. E Benosso resta solo, scalando con il solo alleato che gli è rimasto: il cuore.
Davanti, Deduz continua a pestare regolare, la Cavalla lo segue, con sguardo serio e muscoli contratti. Lele, intanto, è in fase di osservazione. Ma è lui, proprio lui, che a cinque chilometri dalla vetta nota il segnale. La Cavalla ha un calo, piccolo ma evidente. Lele si volta verso il Presidente: “Attacchiamo ora.” Il Presidente non dice nulla. Due gesti secchi con la mano. Non è il momento. Calma. Silenzio. Aspettare.
Il momento arriva, il Presidente scatta. Una fucilata. Secca, improvvisa, devastante. Lele lo segue come un’ombra. È la DOGFIGHT. La Cavalla viene staccata, Deduz non cade nel tranello lasciando sola la Cavalla, ma continua a scortarla e ad incitarla. La locomotiva Lele prende fuoco: watt in fiamme, gambe che urlano, fiato da vaporiera anni ’20. Una fucina umana, alimentata dalla rabbia, dall’orgoglio, da una promessa.
Nel frattempo, Benosso continua la sua battaglia solitaria. Senza Braga, senza gregari. Solo. Ma non si arrende. Apre il cuore, lo spreme. Il cardio tocca i 204 bpm. Sale gridando. E dalla curva più bassa, come nei poemi epici, si sente un grido. È Braga, distrutto sul ciglio della strada, che con la voce rotta grida: “Vaiiiiiiiii DIO CXXE, vai a prenderliiiiiii DIO CXXEEEEEEEEE!” L’urlo echeggia tra i pini, e ancora oggi si dice che lo si possa sentire arrivare al Rifugio Barricata. Ma la distanza è abissale. E Lele, davanti, non si ferma.
Il traguardo è lì. Il Presidente guarda il suo allievo, lo lancia. Lele taglia il traguardo da solo. Braccia al cielo, occhi lucidi, cuore fuori dal petto. Una vittoria che scuote. Non solo una salita vinta. Ma una gerarchia stravolta. La Cavalla arriva 40 secondi dopo, crollata, sconfitta. Settimana scorsa regina, oggi pedina battuta. Poi, cinque minuti dopo, arriva Benosso. Un uomo prosciugato. Ma in piedi. Con la testa alta. Ha perso, sì, ma ha dato tutto. È rimasto sul campo, ha lasciato gambe, voce e cuore su ogni tornante. Si inginocchia, tocca l’asfalto, guarda il cielo.
Il Braga, ormai spettatore, mormora: “L’anno prossimo torno. E tutto mi riuscirà facile. Come l’anno scorso.” Promessa da montagna. Mentre il Presidente, stanco e fiero, guarda Lele e sorride. Ha trasformato uno spettatore in un re.
Lele non si è limitato a vincere. Ha dominato. Ha spezzato gli equilibri, disinnescato la strategia Braga-Benosso e lasciato la Cavalla senza repliche. La Barricata, spiazzata, ha potuto solo osservare.
Sulla vetta, dove l’aria si fa più sottile e l’orgoglio pesa più delle gambe, oggi riecheggia un solo nome: Lele.
Ma attenzione. L’inverno sta arrivando. E con lui, le insidie che ogni vincitore conosce fin troppo bene: i chilogrammi di troppo, le cene che si allungano, i brindisi che si moltiplicano.
Oggi Lele è in cima, ma tra dodici mesi sarà il bersaglio di tutti. E allora, per lui, ci sarà poco da ridere.